piccola introduzione
ho incontrato il rock molto presto. non
presto la mattina, ma proprio presto nella vita. erano gli anni 70 e
probabilmente era più facile rispetto ai giorni nostri. ce n'era
tanto di più in giro, ed era anche migliore. un po' come dice oggi
keith richards per le droghe, se vogliamo.
in ogni caso già a sette/otto anni
qualche 45 diciamo "off" si insinuava fra quelli che
sceglievo da una cassetta di legno nel negozio di elettrodomestici e
infilavo nel mio mangiadischi arancione e che provenivano da sanremo
e canzonissima. poi è arrivata la radio e il rock (o pop come si
diceva allora) mi ha travolto ed ancora sono – per fortuna –
nell'occhio del ciclone. ma di questo ho già parlato anche qui. in
questa rubrichetta, che non avrà andamento nè cronologico nè
tantomeno regolare, voglio parlarvi di come ho incontrato canzoni,
musicisti, generi, personaggi, dischi, concerti. e di come mi vada di
condividere questi incontri con voi, perchè, per dirla con mr.
zimmermann, ho riportato tutto a casa.
ringrazio veramente tanto francesca pizzo per l'idea
post scriptum: questi piccoli resoconti saranno per tanti (e)motivi imperfetti e lacunosi, perché non frutto di una indagine scientifica o di una ricerca da archivista, ma semplicemente di quello che mi ricordo, chiunque abbia voglia di contribuire a collocare meglio e con più precisione nel tempo e nello spazio questi flashbacks, è benvenutissimo
un incontro decisivo per me. due volte
decisivo. comprai il 45 giri gioco di bimba quando uscì, nel 1972.
avevo 10 anni, non mi ricordo se l'avevo sentito in tv o se mi aveva
colpito la celebre copertina disegnata da walter mac mazzieri. in
ogni caso la canzone mi piacque subito e la voce suadente di aldo
tagliapietra, il tempo di valzer, i timbri delle tastiere e delle
campane tubolari ( uno strumento il cui suono all'epoca mi rapiva
letteralmente) contribuivano a tenere il 45 dentro al mangiadischi.
probabilmente non lo identificavo ancora come rock, ma già intuivo
che si trattava di qualcosa di diverso dai pooh, per esempio, che
comunque mi piacevano ugualmente. lo intuivo soprattutto quando
ascoltavo il retro, figure di cartone, che mi inquietava non poco,
soprattutto con quello strumento che ruggiva, e che poi avrei
scoperto essere un sintetizzatore moog.
e poi le orme erano un gruppo, ed io
già adoravo i gruppi, mi piacevano questi capelloni che suonavano:
li disegnavo continuamente sui miei quaderni e spesso quando
alscoltavo le canzoni, avevo un complesso immaginario che le
eseguiva. io ovviamente facevo tutti gli strumenti, ancora non avevo
uno strumento favorito da suonare. la botta decisiva me la dettero
sempre le orme, due anni dopo.
avevo già iniziato ad ascoltare rock
in maniera un pochino piu' consapevole grazie ad un mangiacassette ed
alla radio, ma essendo ancora un ragazzino con il grembiulino nero,
non avevo mai partecipato ad un concerto. un concerto rock dal vivo,
intendo. per il mio battesimo del fuoco dovettero concorrere tre
fattori determinanti. prima di tutto la scelta delle orme di
includere empoli nella loro tournèè (scelta peraltro reiterata
qualche anno più tardi). poi, il fatto che all'epoca c'era l'uso di
fare un concerto pomeridiano ed uno serale. altri tempi, altri
uomini. ultimo, e non ultimo, il fatto che il padre di un mio
compagno di classe fosse l'allora direttore del cinema excelsior,
luogo in cui era previsto il concerto. quindi, dati tutti questi
elementi, il mio compagno di classe, sua mamma ed io entriamo
(gratis) nel cinema per assistere al concerto. per il fatto che
eravamo per così dire degli invitati ci fanno accomodare non in
platea, ma su uno dei balconcini che guardano il palco dall'alto.
all'inizio la cosa mi indispettì un po', perchè, sebbene fosse il
mio primo concerto, avrei voluto essere in qualche modo al centro
dell'azione, e lassù mi sentivo un po' isolato.
ma quando alle 16 le orme salirono sul
palco benedissi la casualità che mi aveva portato lassù. dall'alto
della mia posizione ora posso dire privilegiata, potevo vedere
perfettamente michi dei rossi circondato dalla sua batteria. era una
ludwig, il leggendario modello octaplus. il nome, un gioco di parole
derivato da octopus (piovra), voleva significare che la batteria
aveva otto tom (tamburi, cioe) che avvolgevano totalmente il
batterista. mi isolai quasi totalmente per magia da tutto il resto e
mi concentrai per due ore sull'indiavolato michi e sul suo magico
strumento, tirando un po' il fiato solo quando aldo tagliapietra
imbracciava la 12 corde per stemperare la tensione elettrica del
concerto.
alla fine, ero quasi più esausto di
michi, ma ero felicissimo. di aver visto il mio concerto – di cui
non capii quasi nulla – e di aver scelto il mio strumento. o fu
quello a scegliere me?
una bimba mi aveva ammaliato due anni
prima e ora la piovra mi avvolgeva nelle sue spire. fregato, per la
vita
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