domenica 3 febbraio 2013

qualcuno deve pur averci presentato (primi incontri – casuali o meno e non sempre capiti – con i miei compagni di viaggio)


piccola introduzione

ho incontrato il rock molto presto. non presto la mattina, ma proprio presto nella vita. erano gli anni 70 e probabilmente era più facile rispetto ai giorni nostri. ce n'era tanto di più in giro, ed era anche migliore. un po' come dice oggi keith richards per le droghe, se vogliamo.
in ogni caso già a sette/otto anni qualche 45 diciamo "off" si insinuava fra quelli che sceglievo da una cassetta di legno nel negozio di elettrodomestici e infilavo nel mio mangiadischi arancione e che provenivano da sanremo e canzonissima. poi è arrivata la radio e il rock (o pop come si diceva allora) mi ha travolto ed ancora sono – per fortuna – nell'occhio del ciclone. ma di questo ho già parlato anche qui. in questa rubrichetta, che non avrà andamento nè cronologico nè tantomeno regolare, voglio parlarvi di come ho incontrato canzoni, musicisti, generi, personaggi, dischi, concerti. e di come mi vada di condividere questi incontri con voi, perchè, per dirla con mr. zimmermann, ho riportato tutto a casa.
ringrazio veramente tanto francesca pizzo per l'idea

post scriptum: questi piccoli resoconti saranno per tanti (e)motivi imperfetti e lacunosi, perché non frutto di una indagine scientifica o di una ricerca da archivista, ma semplicemente di quello che mi ricordo, chiunque abbia voglia di contribuire a collocare meglio e con più precisione nel tempo e nello spazio questi flashbacks, è benvenutissimo


1. le orme, la bimba e la piovra

un incontro decisivo per me. due volte decisivo. comprai il 45 giri gioco di bimba quando uscì, nel 1972. avevo 10 anni, non mi ricordo se l'avevo sentito in tv o se mi aveva colpito la celebre copertina disegnata da walter mac mazzieri. in ogni caso la canzone mi piacque subito e la voce suadente di aldo tagliapietra, il tempo di valzer, i timbri delle tastiere e delle campane tubolari ( uno strumento il cui suono all'epoca mi rapiva letteralmente) contribuivano a tenere il 45 dentro al mangiadischi. probabilmente non lo identificavo ancora come rock, ma già intuivo che si trattava di qualcosa di diverso dai pooh, per esempio, che comunque mi piacevano ugualmente. lo intuivo soprattutto quando ascoltavo il retro, figure di cartone, che mi inquietava non poco, soprattutto con quello strumento che ruggiva, e che poi avrei scoperto essere un sintetizzatore moog.
e poi le orme erano un gruppo, ed io già adoravo i gruppi, mi piacevano questi capelloni che suonavano: li disegnavo continuamente sui miei quaderni e spesso quando alscoltavo le canzoni, avevo un complesso immaginario che le eseguiva. io ovviamente facevo tutti gli strumenti, ancora non avevo uno strumento favorito da suonare. la botta decisiva me la dettero sempre le orme, due anni dopo.
avevo già iniziato ad ascoltare rock in maniera un pochino piu' consapevole grazie ad un mangiacassette ed alla radio, ma essendo ancora un ragazzino con il grembiulino nero, non avevo mai partecipato ad un concerto. un concerto rock dal vivo, intendo. per il mio battesimo del fuoco dovettero concorrere tre fattori determinanti. prima di tutto la scelta delle orme di includere empoli nella loro tournèè (scelta peraltro reiterata qualche anno più tardi). poi, il fatto che all'epoca c'era l'uso di fare un concerto pomeridiano ed uno serale. altri tempi, altri uomini. ultimo, e non ultimo, il fatto che il padre di un mio compagno di classe fosse l'allora direttore del cinema excelsior, luogo in cui era previsto il concerto. quindi, dati tutti questi elementi, il mio compagno di classe, sua mamma ed io entriamo (gratis) nel cinema per assistere al concerto. per il fatto che eravamo per così dire degli invitati ci fanno accomodare non in platea, ma su uno dei balconcini che guardano il palco dall'alto. all'inizio la cosa mi indispettì un po', perchè, sebbene fosse il mio primo concerto, avrei voluto essere in qualche modo al centro dell'azione, e lassù mi sentivo un po' isolato.
ma quando alle 16 le orme salirono sul palco benedissi la casualità che mi aveva portato lassù. dall'alto della mia posizione ora posso dire privilegiata, potevo vedere perfettamente michi dei rossi circondato dalla sua batteria. era una ludwig, il leggendario modello octaplus. il nome, un gioco di parole derivato da octopus (piovra), voleva significare che la batteria aveva otto tom (tamburi, cioe) che avvolgevano totalmente il batterista. mi isolai quasi totalmente per magia da tutto il resto e mi concentrai per due ore sull'indiavolato michi e sul suo magico strumento, tirando un po' il fiato solo quando aldo tagliapietra imbracciava la 12 corde per stemperare la tensione elettrica del concerto.
alla fine, ero quasi più esausto di michi, ma ero felicissimo. di aver visto il mio concerto – di cui non capii quasi nulla – e di aver scelto il mio strumento. o fu quello a scegliere me?
una bimba mi aveva ammaliato due anni prima e ora la piovra mi avvolgeva nelle sue spire. fregato, per la vita



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