venerdì 28 gennaio 2011

una volta si chiamava pop. storia di un amore. seconda parte

la prima parte è stata pubblicata il 21 ottobre scorso http://giannozzo.blogspot.com/2010/10/una-volta-si-chiamava-pop-storia-di-un.html


c'era un problema da risolvere, però. quello dei compiti. nel senso che mi piaceva farli, questo si, però adesso avrei voluto farli ascoltando la musica. con il mangiadischi era un problema, non potevo stare lì ogni tre minuti, trunk trunk, a cambiare disco. avevo un mangiacassette (mangiadischi, mangiacassette, era tutto un mangia mangia), ma non  cassette, chissà perchè. rimaneva la radio. come si diceva, la radio era per me soprattutto un attrezzo estivo e la identificavo più con le parole che con la musica. però al momento sembrava davvero l'extrema ratio. in casa c'era un radiolina sanyo rossa che piazzai davanti a me sul tavolo del tinello, sul quale facevo i compiti. piazzai la scala  delle onde medie sul primo canale della rai. non c'erano solo parole, c'era anche musica. anche se molto mainstream si direbbe oggi, presentata in maniera spigliata e professionale da alcune voci femminili, che però ci mettevano ben poca partecipazione. un buon sottofondo ma nulla di più. sentivo che avevo bisogno d'altro. così un giorno nei primi mesi del 1973, di pomeriggio, apro il quaderno, il sussidiario e mi sintonizzo sul secondo canale radiofonico ed è come attraversare lo specchio.
non mi ricordo purtroppo il giorno preciso, altrimenti lo avrei fatto diventare quello del mio compleanno.
il programma si chiamava "per voi giovani", quindi non era per me, io ero un bambino, mica un giovane. ma le voci che lo conducevano mi piacevano, erano coinvolgenti e poi, anche se non capivo tutto quello che dicevano, sembravano tener molto alla musica che passavano.
già, la musica. dal piccolo, gracchiante altoparlante della mia radiolina usciva questa massa di suoni in buona parte incomprensibili, ma stordenti ed affascinanti. era un tipo di ascolto completamente diverso per me, non scelto, come i 45 giri, non sbocconcellato come nei programmi tv. era un fiume, una massa sonora che mi veniva generosamente elargita da officianti dei quali sono diventato subito devoto. fiorella gentile, massimo villa, carlo massarini. quello che dicevano lo prendevo per oro colato. a parte che capivo pochissimo, ma, a posteriori, posso dire che ho fatto bene. anche se il 1973 non è stato l'anno d'oro per eccellenza nella storia del pop son ancora affezionatissimo ai dischi di quell'anno. in a glass house dei gentle giant, grand hotel dei procol harum, yessongs, aladdin sane di bowie, selling england by the pound. poi gli italiani, banco, pfm, sorrenti, claudio rocchi, bennato...
e alcuni brani sparsi quà e là, I'm just a singer dei moody blues, lord gave r'n'r to you degli argent...
ero letteralmente stregato. non mi separavo più dalla mia radiolina, considerato il fatto che la sera c'era pop off, la versione serale di per voi giovani, e allora la musica  si vestiva dei colori della notte. o perlomeno di quella mezz'oretta prima che mi addormentassi, il giorno dopo c'era sempre scuola. però mi addormentavo sempre più tardi, non mi volevo perdere niente: santana, joni mitchell, traffic, mike oldfield, tangerine dream.
il passaggio dai 45 alle cassette fu quasi automatico. la prima fu selling england by the pound.
era musica difficile, per un bambino, considerato poi che proveniva da piccoli, sputacchianti altoparlanti, ma ero affascinato, soggiogato, rapito da quella musica.
l'anno dopo, il 1974, cominciai con le riviste specializzate, prima fra tutte l'amatissima ciao 2001. poi, finalmente, il primo minuscolo, patetico impianto stereo, un pessimo europhon e il primo long playing, emerson lake & palmer
dopo quasi quarant'anni e quasi 5000 dischi, mezzi tecnici a parte, poco è cambiato.
il bambino è un po' ingrassato ed ha la barba. ma continua a capirci poco ed è sempre perso nella musica

domenica 2 gennaio 2011

zero tolerance

Inizia l'anno, è tempo di buoni propositi. Io ne ho, non so se sono buoni, ma li ho. E poi i propositi per chi sono buoni, per chi li fa. Ma per gli altri? Se esprimessi - come farò, del resto -  il proposito di suonare il più possibile, per molti potrebbe essere una iattura.
Di solito si tende a voler fare tabula sostanzialmente rasa quando inizia un nuovo anno. Ma così non si finisce più, diventa una tela di Penelope. Anche perchè dei (buoni) propositi che si fanno ogni anno, qualcosa andrà pure a buon fine, cribbio, e poi la storia, anche la nostra, è un flusso, non è divisa in frames di videoclip.
Il problema, è che a volte non ci ricordiamo i propositi che abbiamo fatto. E' passato un anno, in fondo. Alcuni poi li esprimiamo in corsa, che so a maggio o a settembre, con la classica formula "dal prossimo anno....", chè i propositi si fanno iniziare da gennaio, così come le diete devono assolutamente iniziare di lunedi. E invece, per fare una cosa fatta bene, bisognerebbe mettere in atto il proposito appena lo esprimiamo, invece di aspettare una data convenzionale e convenzionata. Ma ho il sospetto che se tutti facessimo così, le cose andrebbero in maniera leggermente diverse.
Quindi, lasciamo perdere e torniamo a questo inizio anno.
Speaking of me, in questo 2010 ho tentato di consolidare, di dare continuità ad alcuni flussi positivi che si erano creati nel corso del 2009, senza che peraltro li avessi etichettati come propositi. e ce l'ho anche un po' fatta.
Questo vuol dire che in generale converrebbe dire ok, iniziamo a fare una cosa e vediamo che succede. Vero è anche che dichiarare un obiettivo, gli fa assumere forse più valore, ci responsabilizza un po' di più, come a tressette quando abbiamo tre tre o una napoletana. E così ho fatto un anno fa. Venendo da un anno in cui avevo suonato molto soprattutto con la mia amata marching band, ho espresso il proposito - meglio il desiderio - di suonare ancor di più o quanto meno di tendere a. E l'ho fatto, nel senso che ho teso a. Ho suonato grosso modo uguale, cosa già positiva, ma mi sono messo nella predisposizione migliore per farlo, arrivando perfino a prendere un periodo di aspettativa dal lavoro. Certo, gli strali e i dardi dell'oltraggiosa fortuna non sono mancati e neanche la fitta sassaiola dell'ingiuria, ma abbiamo portato a casa i tre punti in qualche modo. Questo un po' ci ha fiaccato, non lo nascondo, però, capperi, siamo arrivati fin qui, e allora andiamo avanti. Avanti s'ha voglia!
L'altro proposito, più generalista e  pluricomprensivo, lo avevo espresso e lo ri-esprimo con una formula tecnica: basta rotture di zebedei. L'età avanza e il livello di tolleranza diminuisce, ed io francamente non ho intenzione di impegnarmi molto per aumentarlo. Quindi, per favore. E poi come diceva Totò, ogni pazienza ha un limite. Così, se volete la mia fiducia, no problem, ma ve la dovete meritare, e non ci mettete tanto. Non ho tanto tempo da sottrarre alla musica, alla famiglia, agli amici.
Io, la mia fiducia l'ho data ampiamente, e adesso me la ripiglio.
A livello politico e sociale, questo significa per esempio, che il PD il mio voto - che peraltro non ha mai avuto - se lo scorda. Avrei bisogno di un grande partito che mi rappresenti, ma se non c'è pazienza. Mi rivolgerò altrove, verso SEL, per esempio. Ecco un sicuramente buon proposito: schierarsi. E io mi schiero.
Restringendo il livello, anche nei confronti dell'amministrazione della mia città il tempo degli sconti è finito, anzi è durato sin troppo.
A livello personale, ho deciso di tirarmela. Non con tutti, ma con molti si.  Ah, l'ho detto. Siamo circondati da gente che vale zero umanamente e artisticamente parlando, e io li devo anche considerare? Ah ah ah ah.
Poi, se non ricordo male, avevo iniziato l'anno manifestando un gran bisogno di sobrietà, e il bisogno rimane, altro che. Facciamo un po' i seri, per favore, c'è troppa gente che ride per sugo di nulla , in giro.
Quindi, suonamento, schieramento, tiramento. E soprattutto tolleranza zero.
Antipaticamente vostro