qualche anno fa pensavo che la civiltà
occidentale non sarebbe durata più di qualche decennio ancora. oggi
sono molto meno ottimista. me ne sono convinto guardando lo spot
pubblicitario di un macchina per il caffè espresso, uno dei massimi
simboli del declino della civiltà occidentale, soprattutto da quando uno dei suoi più celebri testimonials ha deciso di farsi stirare gli zebedei. questo piccolo
elettrodomestico, realizzato oggi nelle fogge, colori e materiali più
avant garde possibili è diventato un oggetto assolutamente
indispensabile in ogni moderna casa occidentale – ma forse anche
orientale – che si voglia definire tale. prima di tutto il caffè,
soprattutto all'italiana, è assurto ancor di più al rango di
irrinunciabile piacere quotidiano (unito al cioccolatino da gustare
con voluttà sulla chaise longue di le corbusier) e di non
negoziabile panacea di tutti i mali. ma naturalmente nei tempi e modi
voluti dal ritmo frenetico della vita moderna, come diceva il poeta. e poco male se l'autenticissimo 100% arabica viene estratto da una
capsula di plastica riempita chissa come. Ma volete mettere tornare a
casa dal vostro ufficio in pieno centro, slacciarvi la cravatta,
essere accolti da vostra moglie che ha appena terminato le pulizie di
casa in abito da sera e tacco 12, che vi sussurra languidamente
"vieni, non rinunciare al piacere di gustare un buon caffè,
premendo un solo tasto". eh, son soddisfazioni. che vi volete
mettere a mettere l'acqua nella moka, poi metterci il caffè in
polvere, magari metà lo spargete nell'ambiente, perché, si sa è un
'operazione difficile, avvitare, mettere sul fuoco, aspettare. no,
non si può. anche perché magari avete fatto lo stesso tragitto fino
a casa impostando il navigatore, dopo avere chiamato i numeri di
telefono che chiamate tutti giorni impostandoli dalla rubrica, e
avete anche lasciato che la macchina vi guidasse nel parcheggio. quindi, nell'attesa di un chip nei vostri vestiti che li convinca a
sfilarsi da voi da soli, possiamo con tutti i diritti permetterci una
macchina per il caffè, e qui veniamo alla pubblicità di cui
accennavo all'inizio, che funzioni in modo intuitivo.
intuitivo? ma che deve intuire? già
c'è solo da mettere una cialda in una fessura modellata e pigiare un
tasto. c'è bisogno anche dell'aiutino? riusciremo poi a trovare la
bocca?
che c'entra, anch'io ho un cellulare con
un sacco di numeri memorizzati ed uso il navigatore satellitare, ma è
anche vero che non mi ricordo più un numero di telefono e che mi
faccia fatica consultare una carta stradale. fatica. ecco il
busillis. ci fa fatica fare tutto. ci fa fatica capire chi sia
quello che parla in tv, ed ecco il sottopancia che ci dice
immediatamente chi sia quello che cje blatera in quel momento, famoso
o sconosciuto che sia, meritevole d'ascolto o meno. ci fa fatica
ricordare dove abbiamo già visto quell'attore – magari qualche
mese prima – ed ecco che il trailer pomposamente ci annuncia che è
stato il protagonista di, che il regista è quello che ha diretto il
film x e che il barista è lo stesso che ha servito i drinks nel film
y. abbiamo bisogno di idoli ed eroi che durino pochi mesi, così non
dobbiamo fare la fatica di ricordare. e se vogliamo vincere un telequiz, che sia per puro culo
vogliamo governare e gestire tutto con
un dito, quel dito che non riusciamo più a toglierci dalla tasca –
se non da un'altra parte. quel dito che magari un giorno di questi
premerà il pulsante dell'auotodistruzione. in modo intuitivo,
naturalmente
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