lunedì 25 ottobre 2010

riflessi(vo) d'epoca.

Sono oramai quasi trent'anni che si cerca, in molti casi con una buona dose di ipocrisia, di salvare il congiuntivo. Era il 1983, o forse il 1984, quando nacque a Firenze il comitato S.I.C. (salviamo il congiuntivo). Sembrava allora un vezzo da intellettuali. Ma erano gli anni della Milano da bere e da imitare, la quale a sua volta si attaccò disperatamente al modello culturale dell'america reaganiana degli yuppies e del rat pack. Nella grammatica inglese non c'è il congiuntivo, ma nella nostra si. E quindi sarebbe bene usarlo, anche se è (diventato) faticoso. E poi per chi vive a Milano e a Roma soprattutto, usare il congiuntivo è innaturale. Ed è lì che si stampano i giornali, che si fanno i programmi tv. E allora basta che che io vengo, non importa che lo fai, a condizione che voi ci siete, penso che ci sono.
C'è addirittura un clamoroso e mai citato precedente nel testo di Una carezza in un Pugno di Celentano ("....Ma non vorrei che tu a mezzanotte e tre stai già pensando a un altro uomo". Si direbbe "stia", Adriano....).
E quindi, eccoci qua, in ossequio al pensiero forte, ma soprattutto ignorante, il disuso del congiuntivo, non è più considerato un errore, una mancanza. E il suo impiego è oramai ignorato soprattutto da chi non dovrebbe, giornalisti, uomini politici e pubblici, scrittori, autori di canzoni.
E nell'entusiasmo della semplificazione, c'è un altro modo verbale che da un po' di tempo viene allegramente massacrato, nell'indifferenza generale. Ed è al riflessivo che mi riferisco, anzi riferisco.
Oggi la situazione evolve, la temperatura alza, la protesta allarga, le scorte esauriscono. E non lo dice la gente comune. Lo dicono in tv, lo dice la Marcegaglia, lo dice Di Pietro, lo dice Mentana. Persone che spesso vengono imitate e seguite.
Ora, al di là del fatto che è sbagliato non usare il riflessivo quando va usato, e già questo basterebbe, c'è un altro problema. La gran parte dei verbi che (non) vengono usati al riflessivo è di tipo transitivo e quindi necessitano generalmente di un complemento oggetto. La temperatura alza chi o cosa? La testa? E la protesta allarga cosa, il suo giro di conoscenze? E le scorte chi esauriscono? Me, senza dubbio, ma lasciamo fare.
"Evolvere" come dice il Devoto Oli 2010, nella sua forma transitiva è un verbo "non comune di uso matematico", quindi si usa sempre (sempre) a sproposito. Così come "emozionare". Prima era sempre riflessivo, emozionarsi. Ed era indubbiamente più bello se ci pensate. Prima un film ci emozionava, e c'era una connotazione più intima, più personale del sentimento. Adesso un film emoziona. A largo raggio, a cascata., in maniera più massiva. O peggio ancora "fa" emozionare, come fosse l'effetto di un parafarmaco.
Non la capisco questa esigenza di tagliare, di sfrondare. Di rendere il linguaggio più snello, veloce, internazionale. Chi se ne frega. Se ci vuole di più a esprimersi correttamente, pace. Se è un po' più impegnativo, idem.
E poi, c'è questo da dire. Non usare il riflessivo, e il congiuntivo, naturalmente è brutto. Ma brutto brutto.
Quando parleremo all'infinito come gli indiani dei fumetti o i neri nei film degli anni 40, non dite non vi avevo avvertito. Sennò arrabbio.

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