mercoledì 8 luglio 2015

nascita di una banda (che non c'era). memorie di un grancassista accidentale. seconda parte

in realtà la banda aveva già iniziato le prove di bandita sotto la regia teatrale di italo pecoretti, ovviamente non senza difficoltà, data la novità di dover aggiungere delle vere e proprie coreografie, degli sketches, alla musica.
il mese di giugno di quel 2006, oltre a tre esibizioni di rodaggio come badabimbumband, è dedicato ad una serrata serie di prove per lo spettacolo. italo suggerisce il nome per lo show, "bandita" per l'appunto,  una banda di sopravvissuti ad un ipotetico disastro nucleare, che girovaga per l'europa, proveniente da un immaginario paese dell'est. conseguente la scelta dei costumi, delle tute bianche con cappuccio anti radiazioni con dei grossi occhiali a specchio, così da rendere tutti irriconoscibili.
l'idea convince tutti, e Italo già immagina "questo lungo serpentone bianco che si snoda tra la gente a certaldo alto".
si lavora in maniera forsennata per mettere a punto le coreografie. le capacità teatrali e ballerine della banda, a differenza di quelle strumentali, sono quelle che sono, e così c'è da soffrire. soprattutto per italo
musicalmente parlando, lo show è un puzzle di brani di diversa estrazione, rock, musica popolare, jazz, piuttosto inusuale per  le classiche marching bands, votate più che altro al funk o alla musica balcanica. manca solo il brano finale. su mio suggerimento sandro arrangia a tempo di record la versione di riccardo tesi del tradizionale "maggio", che i ragazzi eseguono alla perfezione, dopo un inizio  cantato a cappella.
la settimana che precede mercantia, è un vero tour de force di prove. i brani funzionano, il suono e l'amalgama della band sono a buon punto.
dal punto di vista teatrale le cose, però non funzionano altrettanto bene. durante la prova generale, la mattina del 9 luglio, italo ci richiama più volte ad una maggiore concentrazione, dandoci una strigliata che si rivelerà salutare.
nonostante le difficoltà, il morale è piuttosto alto e l'eccitazione è palpabile.
largo, arriva la bandita, la banda che non c'era.
qui c'è da aprire una parentesi. io in pratica e tecnicamente, dovrei suonare la grancassa. ma essendo la band alle prime armi, non ancora ben strutturata a livello hardware, diciamo così, ed ignara di quello che ci vuole per una marching band a modino, bisogna arrangiarsi. e io mi arrangio, con una grancassa da batteria detta "flat", molto sottile, alla quale aggiungo campanacci e piattino e che indosso orizzontale davanti a me come il vassoio dei venditori di caramelle dei cinema di una volta. non un gran suono in realtà, ma il curioso aggeggio risulterà uno degli oggetti più fotografati del festival di quell'anno. Oltre a fare splendido pendant con il rullante tenuto a tracolla dal mio compare con una solida corda da bucato sega-spalla....
 martedi, 11 luglio 2006, inizia mercantia. arriviamo alle 18 e il borgo alto di certaldo ci appare come il paese dei balocchi.  andiamo a cambiarci nella limonaia, un gigantesco stanzone medievale, gomito a gomito con tanti altri artisti di strada. l'atmosfera è colorata e divertente, sembra di essere in un enorme camerino circense. siamo elettrizzati. ci tremano anche un po' le gambe, in verità.
alle 21 in piazza ss. annunziata i sax baritoni attaccano le prime furenti note di "mumbo jumbo", brano iniziale di bandita, la grancassa batte in controtempo, il rullante entra a cascata, seguito perentoriamente dagli altri sax, i soprani suonano il tema, e tutta la band avanza con una camminata che diventerà, lasciatemelo dire, imitatissima. è una scena che si ripeterà centinaia di volte nel corso degli anni, il marchio di fabbrica della bbbb.
non abbiamo mai discusso a fondo di quella primissima uscita con bandita. penso che ognuno di noi voglia riservarsi un ricordo personalissimo di quell'esordio, di quel momento, a rivederlo oggi, così cruciale nelle nostre vite, non solo artistiche.
personalmente, avevo il cuore che pulsava a mille. ed ero uno dei più scafati. magari i ragazzini erano più tranquilli di me, chissà…
comunque la prima uscita va bene, veramente. le incertezze di qualche ora prima, le difficoltà , le giuste preoccupazioni nostre e di italo, non dico che svaniscano, ma il respiro di sollievo è d’obbligo.
facciamo due o tre apparizioni a serata, via via sempre più convincenti ed apprezzate. dalla prima esibizione a castelfiorentino sembra passato veramente un secolo, invece di un mese e mezzo.
la prima estate della bbbb riserva un paio di date ancora prima della partecipazione ad un altro festival, che diventerà, forse l’appuntamento favorito della banda, l’abcfestival di Ccampiglia marittima, ancora una creazione di terzostudio.
quell’anno, la bbbb suonerà 28 volte, con la prima puntata fuori regione, nelle marche. nel 2007 le esibizioni saranno 45, 55 nel 2008 a testimonianza del successo crescente della banda e dello spettacolo che propone, una novità assoluta e dirompente nel panorama già florido delle marching bands italiane. il “lungo serpentone bianco” comincia a snodarsi in giro per l’italia e, nel 2008, metterà la testa anche fuori dai confini nazionali. la bbbb vola in inghilterra, invitata dalla municipalità di canterbury ad esibirsi per tre giorni al prestigioso food & drink eurofair. sarà un’esperienza bagnata da un grande successo di pubblico, a dimostrazione della bontà dello spettacolo e della capacità della banda di parlare un linguaggio “universale”.

passano gli anni ma per fortuna le emozioni sono ancora immutate: il colpo d’occhio del pubblico di mercantia, l’entrata in piazza a campiglia, i sorrisi della gente, lasciatemelo dire, di tutta europa.  ma niente come il prorompente, vibrante inizio di bandita  riesce - ancora - a provocarmi lo stesso tuffo al cuore…..

martedì 7 luglio 2015

nascita di una banda (che non c'era). memorie di un grancassista accidentale. prima parte

da dove si comincia, da quella domenica mattina di maggio del 2006 quando mi presentai in versione vecchio tossico (djembè a tracolla, calzoni corti e sandali) al cospetto di un gruppo di baldi ragazzini per la prima prova di quella che sarebbe diventata (e chi se lo immaginava?) una delle marching bands più apprezzate d'Italia?
o dalla prima uscita ufficiale ancora in maglietta gialla, senza costumi nè coreografia, quando le altre bande ci sembravano – al nostro confronto – l'orchestra della scala?
oppure dal primo vero bagno di folla, i primi entusiasmi, il debutto di uno spettacolo che ancora oggi lascia molti a bocca aperta?
o magari da quella telefonata, nella primavera sempre del 2006.
all'altro capo dell'apparecchio, come si sarebbe detto una volta, c'era sandro tani.
le nostre vicende musicali si erano già intrecciate in passato, anche se in maniera piuttosto sporadica: forse troppo diversi gli ambiti sia dal punto di vista professionale che artistico per trovare un terreno comune fra un inveterato rockettaro come me, e un serio – o presunto tale -  professionista e insegnante come sandro. non di meno la mia stima per lui mi induceva a prendere sempre in considerazione le sue chiamate in correo. questa volta si trattava di una marching band che aveva messo su sostanzialmente con un manipolo dei suoi molti allievi di sassofono che aveva in prospettiva la partecipazione al festival di arti di strada "mercantia".
perché no, mi dissi, non avevo mai suonato a mercantia, e l'idea della marching band mi sembrava simpatica, anche se con ragazzi di vent'anni, e passa, più giovani di me.
e poi, non mi avrebbe portato via molto tempo, pensavo. non mi avrebbe di certo cambiato la vita!
dieci anni e oltre 500 concerti dopo, non la penso più esattamente così. per fortuna.
questo, anche per dire di come il caso giochi un ruolo fondamentale nelle nostre vite, di come quel si detto a sandro avrebbe cambiato la mia, e sua, vita negli anni a venire, di come, uscendo dal cam, non avessi la minima idea del fatto che con quei ragazzi con i quali avevo appena suonato un paio d'ore, avrei passato gran parte del mio tempo da allora ad oggi.
già. era il 21 maggio del 2006. ad aspettarmi alle prove, una nidiata di ragazzini, tra le ultime leve dei corsi di sassofono di sandro. alcuni li conoscevo, gli altri i più giovani, li vedevo per la prima volta. eraldo ed omar avevano 15 e 16 anni. io 44: ok, bene così.
si comincia, c'è da mettere su un po' di repertorio per partecipare al festival "in/canti e banchi" che  si teneva  la settimana successiva a castelfiorentino. si comincia in scioltezza, il primo pezzo è "hallelujah, I love her so" di ray charles, e poi altri pezzi simili. è forse un repertorio più da banda tradizionale che da marching band, ma tant'è, penso che allora nessuno avesse le idee chiarissime sul da farsi. la musica scorre via comunque fluida e piacevole, l'intesa è già buona, grazie sopratutto a quella che sarà una costante anche per gli anni a venire, e cioè la leadership ed il carisma di sandro e la fiducia assoluta al limite della devozione che i ragazzi hanno nei suoi confronti.
l'appuntamento è per la domenica successiva. Un'ultima rifinitura al cam e l'avventura comincia.
la banda si presenta in maniera piuttosto informale. Indossiamo tutti una maglietta quasi artigianale con la semplice – si fa per dire – scritta "badabimbumband" sulle spalle.
nella parte bassa del paese sta passando la zastava orkestar. i ragazzi li guardano con sincera ammirazione, io, ad onor del vero, non sapevo neanche chi fossero. in ogni caso, con  i loro sousafoni, le loro trombe squillanti, le loro belle magliette nere, sembrano l'esercito persiano di serse, e noi i trecento di leonida. e proprio come i prodi spartani ci buttiamo alla conquista del borgo alto. si cammina a passo sciolto, alla spicciolata, senza l'ombra di una coreografia o di un ordine prestabilito. per di più manca anche colui il quale diventerà il mio fedele compare di stamburamenti, jacopo salvadori, più conosciuto come bemba. e così l'onere ritmico è tutto sulle mie spalle. in ogni caso la musica viene via facile, e la gente sembra apprezzare i nostri sforzi. si va a casa tutti soddisfatti. per noi è stata poco più di una scampagnata, in realtà abbiamo appena inconsapevolmente gettato le basi di un edificio che ancora oggi sta egregiamente in piedi.

di più, quella prima esibizione è anche la prima commissionata da alberto masoni e alessandro gigli dell'agenzia terzostudio. la prima, bontà loro, di una lunghissima serie. adesso  ci aspetta "mercantia". e lì sarà tutt'altra musica.

sabato 31 gennaio 2015

una volta si chiamava pop. storia di un amore. terza parte


L'esiziale 1973 è stato anche l'anno della licenza elementare. l'abbandono di grembiule, bavero e fiocco segnava l'inizio di un periodo di vacanze dal sapore vago e indefinito. non ero così conscio di quello che mi aspettava, suppongo – una nuova scuola, nuovi compagni e più tardi anche una nuova casa – e quindi il futuro non mi sgomentava più di tanto. con me funziona al contrario di quello che è usuale per molti. a me fa paura quello che conosco, non l'ignoto. se non lo conosco, come fa a farmi paura? non sono mica così malfidato. e poi, ovviamente, avevo la musica a cui pensare. per voi giovani, il programma radiofonico pomeridiano della rai non andava in vacanza per fortuna, cosicchè la valanga di nuovi, gracchianti (ahimè) e sempre sorprendenti suoni provenienti dalla mia piccola sanyo rossa non si sarebbe fermata neanche negli altrimenti insopportabili lunghi mesi estivi.
l' evento clou di quei mesi sarebbe stato in ogni caso il mio approdo alla scuola media. i tanti libri che sostituivano il sussidiario, la borsa a tracolla al posto della cartella sulle spalle, l'acquisto del toni blu (tuta da ginnastica per i non abitanti in provincia di firenze) e l'andare a scuola "in borghese" mi elevarono immediatamente al rango di giovanottino di belle speranze.
belle speranze, ahimè, ben presto frustrate dalla sezione in cui ero stato inserito, la q, che si rivelò essere collocata ai margini estremi del sistema didattico italiano. in un paio di mesi, pochissime ore di lezione, ed un tourbillon di professori da capogiro. la mia premurosa genitrice penso bene allora di affidare l'educazione del proprio pargolo alla scuola privata, nella fattispecie a quella dei padri scolopi. (inciso: io sono adesso del tutto contrario alla scuola privata e pure ateo, ma non avevo allora potere decisonale, forse credevo ancora ed erano francamente altri tempi).
il fatto che in prima media ci fosse già mio cugino carlo, fece si che potessi essere inserito nella sezione a, quella dei vips, anzichè nella b, quella che toccava a chi aveva frequentato le elementari altrove. e questa, incredibile dictu, si rivelò una mossa fondamentale per la mia formazione musicale, per vari motivi.
in primis, i ragazzini benestanti avevano già acquistato qualche cassetta pop, e in questo modo venni a conoscere artisti un po' diversi da quelli che avevo iniziato ad ascoltare, e che poi si sarebbero dimostrati grandi compagni di viaggio nel mio cammino, tipo crosby, stills, nash & young e francesco de gregori. ma soprattutto diversi di questi ragazzi avevano fratelli maggiori che compravano i dischi. i dischi veri, intendo.
venire a contatto con i dischi dei fratelli maggiori, è un classico fra le iniziazioni alle cose da adulti o presunti tali. non essendo il mio particolarmente interessato al pop (mi portò però a vedere jesus christ superstar – il film - nonostante non avessi i 14 anni necessari, e non è poco), mi rivolsi ai fratelli di altri. avevo visto i dischi a 33 giri, long playing si chiamavano allora, solo nei negozi o in qualche casa di amici di famiglia, ma mai dischi pop. ne aveva il fratello di un mio amico (lo racconto qui http://giannozzo.blogspot.it/2013/02/qualcuno-deve-pur-averci-presentato_9858.html).
e ne aveva tantissimi il fratello di un altro mio compagno di classe. la famiglia era piuttosto abbiente e (di conseguenza?) piuttosto spilorcia. quando con altri ragazzi andavamo a casa sua dovevamo praticamente muoverci al buio: le luci venivano accese dopo che eravamo entrati in una stanza, e venivano spente prima di uscirne. ricordo anche piuttosto nitidamente una merenda a base di pane e sale. difficile da dimenticare, direi. un giorno in un improvviso empito di ospitalità, o più probabilmente per disattenzione, ci fece entrare, al buio, nel salotto buono. quando accese la luce vidi l'eldorado. incastonato in un sontuoso mobile bianco c'era un mastodontico impianto hi fi: giradischi thorens, amplificatore marantz, registratore a cassette akai, registratore a bobine teac. lo ricordo benissimo, erano le marche degli impiantoni che si vedevano nei negozi di lusso. e dischi, tanti dischi, sul primo della fila c'era una mucca al pascolo. Il nostro ospite ci proibì persino di toccarli. ebbe però la magnanimità di far partire il registratore a bobine: ne uscì un suono purissimo, potente e profondo che, manco a dirlo, mi ammaliò. sulla bobina c'era scritto atom heart mother, era il disco con la mucca, come avrei scoperto qualche tempo dopo.
l'incanto durò naturalmente pochi minuti, perchè il nostro compagno spense tutto frettolosamente.
ma oramai la frittata – l'ennesima – era fatta. dovevo quanto prima passare ai long playing

sabato 22 febbraio 2014

da lassù, messere, si domina questa valle? non ci rompete, ve ne prego.

il 2013 ci si è messo veramente di buzzo buono per portarsi via gran parte del XX secolo, da lou reed a nelson mandela, da alvin lee a jannacci, passando per mennea e mariangela melato, i nostri eroi ci stanno lasciando soli. e anche il 2014 sembra non scherzare: abbiamo già detto ciao ad abbado, freak antoni e adesso, anche a francesco.
la prima volta che vidi il banco del mutuo soccorso in concerto (che è cosa ben diversa dal dire live, badate bene), fu allo stadio di pontedera, presumo nel 1974 0 75. sapevo pochissimo di loro, qualcosina sentita in tv - si, in tv, erano gli anni 70 - conoscevo la copertina a salvadanaio e ovviamente il loro nome. ne giravano di nomi strani all'epoca, ma questo li batteva tutti.
il concerto iniziò con molto ritardo, problemi di organizzazione, a quanto poté capire il vostro spaesato 12enne, problemi di soldi, per quanto posso ricostruire ora: ricordo che mentre francesco parlava, un ragazzo con barbetta passava fra il pubblico raccogliendo soldi e urlò rivolto a francesco "ma stasera non becchi un ca**, fascista!" parimenti, durante l'introduzione parlata, una ragazza accanto a me ad un certo punto sbattè a terra l'eskimo dicendo "eh, no, questo non lo accetto!" non mi ricordo cosa non accettasse: forse il fatto che fosse luglio nonostante lei avesse l'eskimo. ma erano gli anni 70, vi ripeto.
ricordo praticamente nulla del concerto. ricordo solo francesco. la sua presenza, magnetica, quasi immobile, iconica si direbbe oggi, in mezzo al palco, mentre gli altri si davano un gran daffare. mi colpiva il fatto che un gruppo progressive, genere nel quale intuivo la preponderanza della parte strumentale, avesse addirittura un cantante solista.
la pfm ed il banco sono stati un po' i beatles ed i rolling stones per il pop italiano, ed io confesso di essere stato un po' più premiatista o premiatano. ho visto la pfm una quindicina di volte, ed il banco solo quattro o cinque.
ma la pfm non aveva un cantante come giacomo, nessuno ce l'aveva in italia, e pochi nel mondo, almeno in ambito progressive, ammesso che questo ambito esista.
nonostante la padronanza aulica della lingua e la carica immaginifica dei suoi testi in italiano, il primo lp che ho avuto del bms è stato "banco" un disco del 75, fatto di brani storici reinterpretati in inglese per il mercato britannico. l'ho appena riascoltato: la pronuncia di francesco appare ancora convincentissima ed assolutamente credibile. tristezza nella tristezza, la riedizione in cd di questo disco è corredata dalle brillanti note di copertina, anch'esse in inglese, di ernesto de pascale.
grande, immenso francesco, anche nei bui anni 80, periodo foschissimo per molti eroi dei seventies, lui e il banco non hanno mai perso un'oncia di dignità e neanche di affetto da parte del loro pubblico, un commovente zoccolo durissimo che ha seguito la carriera del gruppo in questi oltre quarant'anni. ricordo solo una leggermente imbarazzante versione di hey joe fatta con sam di sam e dave (o era dave?), corredata da un video veramente troppo amatoriale. perdonabile.
l'ultima volta che ho visto il banco, è stato a roma nel dicembre 2010, alla prog exhibition.
c'erano soltanto francesco e vittorio nocenzi della formazione originale, più un manipolo di giovani bravissimi musicisti. c'era anche rodolfo maltese,a dire il vero, ma il chitarrista, malato da tempo, stava sul palco relegato in un angolo, a volume praticamente zero, giusto per sentire il calore dei fans. lo stesso francesco purtroppo aveva problemi di voce, cosa che non frenò, ricordo bene, la sua leggendaria vis polemica. fu un concerto largamente strumentale, portato avanti in maniera straordinaria e commovente da vittorio, che dette l'anima in quei pezzoni da 15 minuti, come metamorfosi o rip. di francesco, come sempre, ho negli occhi il magnetismo quasi paradossale di quella figurina vestita di rosso, anche quando si fece da parte per lasciare il microfono a john wetton dei king crimson per una bellissima versione di starless.
un'altra cosa mi colpì. quando fu il turno del banco - vari gruppi si avvicendavano - sotto il palco si radunarono, quasi per incanto, un sacco di ragazzi giovanissimi, nei cui occhi lessi un entusiasmo che mi commosse letteralmente. certo, eravamo a roma, il banco era il gruppo de casa, dopo ci sarebbero stati i lumbardun della pfm, ma credetemi, questo entusiasmo il banco lo ha trasmesso a generazioni e generazioni in giro per l'italia.
francesco è stato insieme a demetrio stratos, con tutte le differenze del caso, il più grande cantante rock italiano, e non ha un briciolo di erede (quando uscì il primo disco del banco aveva 25 anni!)
non solo. se parliamo di progressive, togliamo peter gabriel, peter hammill, jon anderson, greg lake, derek shulman, roger chapman. conoscete qualche altro cantante più grande di francesco? io no. ma questo conta poco, oramai.
ciao francesco, salutaci il mago. speriamo di veder volare il tuo carro alato

lunedì 28 ottobre 2013

qualcuno deve pur averci presentato (primi incontri - casuali o meno e non sempre capiti - con i miei compagni di viaggi


6. lou reed, o del rispetto


detto fra noi, non mi ricordo esattamente quando ho ascoltato per la prima volta rock'n'roll animal, né chi fosse stato il pusher in quell'occasione. '74 o '75, probabilmente il long playing. perché quello che mi colpì al primo ascolto, e mi colpisce tutt'ora di quel disco è il suono. pieno, quasi ridondante, avvolgente, saturo, inesausto ed inesauribile. 
non sapevo molto di lou, allora. nel mio adolescenziale bisogno di catalogazione a tutti i costi lo classificavo genericamente nel glam. avevo ascoltato un po' di david bowie, pinup e aladdin sane, senza troppo entusiasmo, troppo pop per un giovane purista nerd come me.
quando parlo di questi primi ascolti, primi incontri con i dischi per me fondamentali, tendo forse a ripetermi. ma ci posso fare poco: veramente l'impatto di questi dischi è sempre fulminante. in questo caso, l'inizio del disco è affidato ad una lungo strumentale guidato dalle chitarre di dick wagner e steve hunter, veri dominatori di tutto l'album, che dialogano su un variopintissimo (esiste il superlativo?) tappeto di basso, batteria e tastiere. dopo diversi minuti entra, sorniona e strafottente, la voce di lou, e il pezzo diventa sweet jane. 
come dire che fino ad un minuto prima era storia, ed adesso è leggenda.
il contrasto fra il sontuoso magma strumentale e la voce un po' atona ed insolente del capobanda è il vero quid che fa grande il disco, il miracolo che ha ammantato di leggenda questo album. oltre all'infilata di brani mitologici.
così ho scoperto lou reed. avrei realizzato con il tempo che questa era soltanto una delle mille sfaccettature di quest'uomo straordinario. poeta secondo forse solo a dylan, uno che ha collaborato con andy warhol, robert wilson e i metallica, ispiratore e padrino di generazioni di correnti e musicisti, innovatore sempre, comunque e nonostante.
da quel primo ascolto, non sono diventato un superfan di lou, nel senso che non conosco tutti i suoi dischi (ne avrà fatti tremila), ma è forse il musicista che rispetto di più in assoluto e penso che abbia disseminato nella vicenda culturale del XX secolo alcune pietre miliari imprescindibili. 
francamente, pensavo che lou fosse immortale, tanto mi sembra fondamentale la sua presenza nel mondo. la sua scomparsa mi ha parecchio scosso. anche perché quando questi titani ci lasciano, rimaniamo sempre più soli in compagnia della miriade di cazzoni che ci attorniano e ci soffocano con la loro piccineria, e che messi uno sull'altro non arrivano neanche alle caviglie di lou.
forse, se avessi ascoltato transformer prima di rock'n'roll, non mi sarei attaccato a lou in questo modo. meno male

http://youtu.be/Nn5D2l37rdY

giovedì 29 agosto 2013

questi o quelli, per me pari son. confessioni di un vero fan

quando mi chiedono, o mi chiedo, quale sia il mio gruppo o artista preferito, sono sempre piuttosto indeciso sul da decidersi. preferirei infatti stilare una classifica tutta di ex aequo, tali e tanti sono i miei idoli. 
qualitativamente parlando non posso fare classifiche e poi sarebbe come dire se voglio più bene a mamma o a babbo. complessivamente, diciamo incrociando quantità e qualità, potrei dire i fairport convention, ma fra i circa 50 dischi che ho di loro, ci son diverse cadute di tono: in una carriera di oltre quarant'anni ci sta. o potrei dire i free, perché no. ma in questo caso, al contrario, la loro - cinque anni e sei dischi - è stata una vicenda lampo ancorché fulminante, si perdoni il calembour. stesso dicasi per i gentle giant, mentre per gli yes vale il discorso fatto per i fairport.
forse joni mitchell ha un percorso più uniforme, anche se di alcuni suoi dischi non sono così innamorato (perdono).
a conti fatti, è il caso di dirlo, potrei dire i genesis. da trespass a duke non scorgo eclatanti passi falsi, e trovo del buono anche nei dischi seguenti. anche perché di loro sono un vero fan, ma veramente vero, che non fa troppe distinzioni fra pre e post peter. 
si, ok, prima che qualcuno arricci il naso inorridito: i capolavori con la voce di peter, foxtrot, nursery crime, bla bla bla. per carità.
d'altra parte il primo disco che ho sentito di loro - e forse ancora quello che mi è più caro - è selling england by the pound, che si apre proprio con la voce nuda di peter: comprai la cassetta alla mostra dell'artigianato di firenze, insieme ad in rock dei deep purple, nel 1974, e la voce di peter gabriel mi folgorò, letteralmente. d'altra parte, sarei falso se non dicessi che amo allo stesso modo trick of the the tail e wind and wuthering, e che le interpretazioni di phil collins se la giocano con quelle di peter gabriel (avete ascoltato bene seconds out?).e anche dischi come and then there were three e duke hanno dentro canzoni bellissime.
chi dice che i genesis sono finiti dopo il divorzio da peter, probabilmente non ha mai realmente ascoltato niente di loro, di questo sono più che convinto, dopo la pubblicazione di the lamb lies down. che, diciamolo, era un disco un po' ridondante e con diversi pezzi superflui.
io ho avuto la fortuna di vederli dal vivo a zurigo nel 1982 ed a tirrenia nel 1983 con chester thompson alla batteria e daryl stuermer alla chitarra. concerti, anzi spettacoli fantastici. chiedete a chi c'era, oppure ascoltate i due cofanetti genesis archives. versioni magnifiche dei pezzi post gabriel e interpretazioni assolutamente all'altezza delle canzoni originariamente cantate da peter gabriel. d'altra parte phil e peter hanno, meglio avevano, un timbro vocale simile, e gabriel non ha mai fatto mistero di ispirarsi a collins, che tecnicamente è sicuramente più dotato, anche se peter ha una indubbiamente superiore personalità. per dire, su selling england c'è un pezzo cantato da phil, more fool me. io personalmente - ma so di non essere il solo - ho scoperto solo diversi anni dopo che non era peter a cantarla....
non ho avuto prove, e d'altra parte non avrebbe senso alcuno dire se dal vivo erano meglio i genesis con peter gabriel di quelli senza. ci sono i dischi live, è vero. dai quali si desume che erano concerti e situazioni diverse, ma ugualmente mirabolanti. in realtà ci sarebbe ancora oggi il modo per capire ed apprezzare come fossero grandiosi i genesis su un palco. esiste un gruppo di maniaci canadesi, si chiamano musical box, che si sono presi la briga di riproporre i concerti di diverse tournéés dell'epoca d'oro. i tizi non sono una cover band dei genesis. loro, dal momento in cui salgono sul palco, "sono" i genesis. si muovono e parlano come loro, oltre a suonare, ca va sans dire, quasi come loro. strumenti e scenografie originali d'epoca, fanno da complemento ad uno spettacolo imperdibile per ogni vero fan. si ha modo di vedere veramente come si sviluppavano i brani e come si dipanavano le complesse trame dei nostri inni preferiti. in maniera fedelissima, del resto, anche perché i tipi sono così maniaci da avere un batterista pelato, mancino e che canta come phil! io ho visto i concerti delle tournéés di selling england e di the lamb. fortissime. i musical box mettono in scena anche the trick of the tail, ovviamente con un sosia di bill bruford! se vi capitano a tiro, e se siete veri fan, non ve li fate scappare.
w i genesis, con o senza, è uguale






mercoledì 12 giugno 2013

qualcuno deve pur averci presentato (primi incontri – casuali o meno e non sempre capiti – con i miei compagni di viaggio)

5. yes, l'appuntamento rimandato. seconda parte

era pomeriggio, ed era caldo. in quel banco - come in molti altri del resto - fra rayban, field jackets, t- shirts fruit of the loom, schiuma da barba noczema, e altre americanate - c'erano anche degli di scaffali di legno pieni di  musicassette e di stereo otto. c'era roba visibilmente taroccata, cassette di liscio e stornelli livornesi e roba un po' più seria, oltrechè, diciamo così, legale. mi ero già fermato a quel banco, forse il proprietario era amico di mio padre, ma non avevo mai trovato niente che mi attirasse. ma quel giorno la mia attenzione fu catturata da quella sorta di pacchettino appoggiato sopra lo scaffale. erano due cassette in un'unica confezione, dal colore giallo/marrone. sopra c'erano disegnati una specie di cervo ed uno strano pesce adagiato su un fungo. non avevo mai visto quel disegno in particolare, ma mi ricordavo delle copertine viste su ciao 2001 o al negozio di dischi, e realizzai che fossero gli yes. guardai la costola, anzi le costole, delle cassette e mi illuminai. eccolo! in un colpo solo gli yes, e addirittura yessongs, il disco magnificato dal ragazzo di bologna. non osavo estrarre le cassette dalla confezione, avevo paura  di romperla, quindi non sapevo quanti e quali brani ci fossero (che differenza avrebbe fatto, poi?), ma lo volevo. "babbo prendo questa". "ma costa un monte", "son due" "e prendine una sola", "non si può sono insieme, è un disco solo" "ma è uno o due?", "uno, ma fatto di due cassette", "vabbé". dura la vita del giovane rocker.
tornando a casa in macchina tirai fuori le cassette. erano marroncine, su una copertina il pesce, sull'altra il cervo. 8 canzoni da una parte, 5 dall'altra. poche. chissà come sono lunghe. guardo i titoli, alcuni sono stranissimi "siberian khatru", "the fish (schindleria praematurus)", altri hanno dei sottotitoli numerati. boh!
torno a casa, è ora di cena, non mi posso mettere ad ascoltare le cassette subito. dalla bibbia ciao 2001 evinco che è un disco registrato dal vivo (te pareva) e che il vinile è addirittura triplo (triplo!). inserisco la cassetta nel fedele (non tecnologicamente parlando, ahimè) registratorino sanyo e mi arrivano dei suoni piuttosto strani. come recita la copertina si tratta di "opening (excerpts from firebird suite)" di stravinsky. capisco subito che è un brano di musica classica - genio - ma mi ci vorranno anni per capire che il brano è registrato e non suonato dagli yes. tant'è, ad un certo punto il pezzo letteralmente esplode in una, arguisco, schitarrata distorta. è l'inizio di "siberian khatru", ed inizia la mia prima volta con yessongs.
l'ascolto è a dir poco faticoso, il ritmo è spesso inusuale e talvolta spezzettato, gli strumenti sono molti e suonano in maniera vorticosa, i brani molto lunghi. ogni tanto dal magma sonoro emergono un pianoforte, un organo, una chitarra meno distorta, una voce dal timbro angelico a riposare un po' le orecchie. c'è da dire che ci sono diverse melodie che colpiscono, anche se incastonate in strutture strumentali spesso furenti. 
di lì a poco andai al mare, per le vacanze, a san vincenzo. avevo nel frattempo dedicato un bel po' di ascolti alle cassette. alcuni brani iniziavano ad essermi leggermente più familiari, anche se la confusione regnava ancora sovrana. sentivo netta la preponderanza della chitarra di steve howe, anche se ero ammaliato dagli interventi delle tastiere di rick wakeman, che alle mie giovani orecchie (ma anche a quelle attualmente invecchiate) suonavano, chissà perché, inconfondibilmente british. in più nel brano "the fish (schindleria praematurus)", c'era una lunga performance di uno strumento che sembrava una chitarra, anche se distorta in maniera curiosa. 
quell'estate i miei invitarono da noi al mare la famiglia dell'ex commilitone di mio padre. mi potei così pavoneggiare con il ragazzo di bologna del mio acquisto e di una competenza che non avevo su yessongs. il biondino faceva battute da nerd, ma mi dette informazioni vitali per la comprensione del disco monstre e per la mia nascente carriera di maniaco del rock.
per esempio mi disse che il brano "excerpts from the six wives of henry VIII" era suonato tutto dal tastierista rick wakeman e che conteneva estratti dal suo disco solista, che all'epoca dell'uscita di yessongs non era ancora arrivato nei negozi. ma soprattutto, rivelazione delle rivelazioni, mi disse che quello che si ascoltava in "the fish" era in realtà un basso. dettaglio non da poco, dato che la notizia avrebbe cambiato per sempre la percezione di quello che sarebbe diventato il mio strumento preferito. e di un disco che non mi avrebbe più abbandonato.
curiosamente, ho acquistato il triplo long playing, la versione in vinile intendo,  abbastanza di recente, solo dopo aver acquistato la prima versione - doppia - in cd. ebbi modo però già all'epoca di avere tra le mani la magnifica, sontuosa, opulenta copertina del disco, con i disegni di roger dean, che, anni dopo, avrebbero ispirato i paesaggi di "avatar" di james cameron.
oltre al triplo vinile, ho tre (!) versioni in cd di yessongs. la prima, diciamo normale, mi è stata poi autografata da bill bruford, scusate se è poco. poi ho quella rimasterizzata, ed una cartonata che riproduce la copertina originale. caratteristica comune di tutte le versioni del disco - sul quale potrei partecipare ad un quiz a premi - è che la qualità della registrazione non è mai sopraffina. pazienza.
la famiglia bolognese rimase solo qualche giorno da noi.  tutte passate col biondo ragazzo bolognese a parlare di musica, e di yes.
non l'ho più rivisto, e purtroppo non mi ricordo come si chiamava. mi piacerebbe rivederlo, anche solo per ringraziarlo.

http://youtu.be/mASjsw9zIos


la prima parte del racconto si trova qui

http://giannozzo.blogspot.it/2013_05_01_archive.html