L'esiziale 1973 è stato anche l'anno
della licenza elementare. l'abbandono di grembiule, bavero e fiocco
segnava l'inizio di un periodo di vacanze dal sapore vago e
indefinito. non ero così conscio di quello che mi aspettava,
suppongo – una nuova scuola, nuovi compagni e più tardi anche una
nuova casa – e quindi il futuro non mi sgomentava più di tanto.
con me funziona al contrario di quello che è usuale per molti. a me
fa paura quello che conosco, non l'ignoto. se non lo conosco, come fa
a farmi paura? non sono mica così malfidato. e poi, ovviamente,
avevo la musica a cui pensare. per voi giovani, il programma
radiofonico pomeridiano della rai non andava in vacanza per fortuna,
cosicchè la valanga di nuovi, gracchianti (ahimè) e sempre
sorprendenti suoni provenienti dalla mia piccola sanyo rossa non si
sarebbe fermata neanche negli altrimenti insopportabili lunghi mesi
estivi.
l' evento clou di quei mesi sarebbe
stato in ogni caso il mio approdo alla scuola media. i tanti libri
che sostituivano il sussidiario, la borsa a tracolla al posto della
cartella sulle spalle, l'acquisto del toni blu (tuta da ginnastica
per i non abitanti in provincia di firenze) e l'andare a scuola "in
borghese" mi elevarono immediatamente al rango di giovanottino
di belle speranze.
belle speranze, ahimè, ben presto
frustrate dalla sezione in cui ero stato inserito, la q, che si
rivelò essere collocata ai margini estremi del sistema didattico
italiano. in un paio di mesi, pochissime ore di lezione, ed un
tourbillon di professori da capogiro. la mia premurosa genitrice
penso bene allora di affidare l'educazione del proprio pargolo alla
scuola privata, nella fattispecie a quella dei padri scolopi.
(inciso: io sono adesso del tutto contrario alla scuola privata e
pure ateo, ma non avevo allora potere decisonale, forse credevo
ancora ed erano francamente altri tempi).
il fatto che in prima media ci fosse
già mio cugino carlo, fece si che potessi essere inserito nella
sezione a, quella dei vips, anzichè nella b, quella che toccava a
chi aveva frequentato le elementari altrove. e questa, incredibile
dictu, si rivelò una mossa fondamentale per la mia formazione
musicale, per vari motivi.
in primis, i ragazzini benestanti
avevano già acquistato qualche cassetta pop, e in questo modo venni
a conoscere artisti un po' diversi da quelli che avevo iniziato ad
ascoltare, e che poi si sarebbero dimostrati grandi compagni di
viaggio nel mio cammino, tipo crosby, stills, nash & young e
francesco de gregori. ma soprattutto diversi di questi ragazzi
avevano fratelli maggiori che compravano i dischi. i dischi veri,
intendo.
venire a contatto con i dischi dei
fratelli maggiori, è un classico fra le iniziazioni alle cose da
adulti o presunti tali. non essendo il mio particolarmente
interessato al pop (mi portò però a vedere jesus christ superstar –
il film - nonostante non avessi i 14 anni necessari, e non è poco),
mi rivolsi ai fratelli di altri. avevo visto i dischi a 33 giri, long
playing si chiamavano allora, solo nei negozi o in qualche casa di
amici di famiglia, ma mai dischi pop. ne aveva il fratello di un mio
amico (lo racconto qui
http://giannozzo.blogspot.it/2013/02/qualcuno-deve-pur-averci-presentato_9858.html).
e ne aveva tantissimi il fratello di un
altro mio compagno di classe. la famiglia era piuttosto abbiente e
(di conseguenza?) piuttosto spilorcia. quando con altri ragazzi
andavamo a casa sua dovevamo praticamente muoverci al buio: le luci
venivano accese dopo che eravamo entrati in una stanza, e venivano
spente prima di uscirne. ricordo anche piuttosto nitidamente una
merenda a base di pane e sale. difficile da dimenticare, direi. un
giorno in un improvviso empito di ospitalità, o più probabilmente
per disattenzione, ci fece entrare, al buio, nel salotto buono.
quando accese la luce vidi l'eldorado. incastonato in un sontuoso
mobile bianco c'era un mastodontico impianto hi fi: giradischi
thorens, amplificatore marantz, registratore a cassette akai,
registratore a bobine teac. lo ricordo benissimo, erano le marche
degli impiantoni che si vedevano nei negozi di lusso. e dischi, tanti
dischi, sul primo della fila c'era una mucca al pascolo. Il nostro
ospite ci proibì persino di toccarli. ebbe però la magnanimità di
far partire il registratore a bobine: ne uscì un suono purissimo,
potente e profondo che, manco a dirlo, mi ammaliò. sulla bobina
c'era scritto atom heart mother, era il disco con la mucca, come
avrei scoperto qualche tempo dopo.
l'incanto durò naturalmente pochi
minuti, perchè il nostro compagno spense tutto frettolosamente.
ma oramai la frittata – l'ennesima –
era fatta. dovevo quanto prima passare ai long playing
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